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Sfigati, eroi e vittime

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Io ne ho veramente i coglioni ripieni fin oltre un limite sopportabile dei commentatori sportivi italiani.

Quelli stranieri non li conosco, ma questi mi bastano.

È mai possibile che non esista uno sportivo “normale” con una vita normale?

No: non fa spettacolo, non genera la lacrimuccia, non crea false speranze, ecc.

Non c’è uno dei partecipanti alle olimpiadi che non abbia avuto, come minimo, un’infanzia difficile.

Se, poi, vincono qualcosa, ecco materializzarsi tutte le sfighe: dal padre violento, all’incidente stradale, al parente morto in circostanze strane, alla guerra, alla dittatura…

Se perdono, invece, è colpa della sfiga che continua ad accanirsi (evidentemente già non bastava quella precedente).

Ma solo se sono italiani viene fuori il meglio.

L’outsider_che_vince è un eroe che ha sconfitto tutte le peggio sfighe (umane, mediche, animali e vegetali) e finalmente è riuscito a fare qualcosa di buono nella vita dimostrare il valore che solo gli addetti ai lavori conoscevano da tempo.

Il campione_che_vince è un semidio che ha confermato di essere una spanna sopra chiunque sia mai esistito e diventa subito “uno dei migliori olimpionici di tutti i tempi” (probabilmente del suo condominio, aggiungerei, vista la credibilità dei nostri “giornalisti”).

Il favorito_che_perde è stato – chiaramente – fregato da un complotto demoplutogiudaicofasciocomunista, massonico e antiitaliano. Poco importa che lui stesso ammetta di aver fatto abbastanza cagare cagare, nonostante la massa del pubblico_da_olimpiade abbia visto una prestazione spettacolare.

Lo sconosciuto_che_perde, se arriva fin qui la notizia, è stato colpito dall’ennesima sfiga inenarrabile (ma ben gli sta e non se ne parla più).

Il campione che arriva solo secondo (solo secondo a livello universale, mica cazzi!) avrà un argento amaro, una sconfitta colossale (dall’alto dell’avere comunque un argento, che mica lo butti nel cesso).

L’outsider che arriva terzo grazie all’abbandono di tutti i concorrenti (anche il primo e il secondo, ma lui è scarso come la merda e non se la sono proprio sentita di classificarlo primo per abbandono), avrà un bronzo “che vale oro”.

Ma è possibile che non si dia mai alle cose il proprio nome?

Chi vince ha la medaglia che ha, chi perde ha sbagliato, capita a tutti.

Ma è possibile che nessuno possa accontentarsi di commentare un risultato ormai acquisito e che nessuno può e potrà mai modificare, invece di trovare mille scuse, mille giustificazioni, per una sconfitta?

E poi ci lamentiamo se i nostri calciatori sono più famosi per le proteste che per le prestazioni. Mi chiedo dove abbiano imparato a giustificare le peggio sconfitte.

Per non parlare del merito.

Proprio nel paese dove i meriti non vengono mai riconosciuti a nessuno, si riscopre il merito solo a livello di competizione.

C’è sempre chi vince e chi, invece, ha meritato di più ma ha perso. C’è sempre il vincitore morale. C’è sempre chi arriva secondo ma non sconfitto. Chi esce battuto ma a testa alta. Il gol della bandiera. L’onore delle armi.

Ma, porca puttana, perchè una volta per tutte non ci si munisce di un bel sacchetto di spirito olimpico e non si va dallo sconfitto a dirgli semplicemente: hai fatto schifo, sei arrivato ultimo, ci hai deluso, cazzi tuoi per il futuro.

Non saremmo solo onesti, ma faremmo all’atleta in questione un grandissimo favore: lo riporteremmo sulla terra e saprebbe di dover decidere se è il caso di continuare a farsi il culo per arrivare sempre “non primo”, oppure di mettersi a lavorare come tutti.

Magari proprio nell’arma in cui milita e della quale indossa la divisa solo alle premiazioni ufficiali, per esempio.

Dell’ignoranza intrinseca dei commentatori – anche quella di leggere i tempi del cronometro – preferisco non parlare e stendere un velo peloso…


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